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Riflessioni




RIFLESSIONI M. T. ZANATTA insegnante, psicologa, tutor a SFP


Da molto tempo mi occupo di scuola, ed una considerevole parte di esso l’ho dedicata a quelli che in tempi recenti vengono definiti “bisogni educativi speciali”.
Alcuni aspetti meritano riflessione sia da un punto di vista normativo che più meramente didattico e soprattutto formativo.
Spesso ho riflettuto su quanto sia fondamentale e necessaria la formazione, ma ancor più spesso mi è capitato di cercare di trasmettere ai gruppi con cui ho lavorato e con cui mi trovo a collaborare, la rilevanza dell’ottica formativa.
Se ogni educatore o docente, a qualsiasi ordine scolastico appartenga, dalla scuola dell’infanzia -anzi dall’asilo nido- all’università, provasse ad assumere l’ottica formativa forse inizierebbe a modificarsi l’approccio apprendimento-insegnamento che ha contribuito ad incrementare numerosi dibattiti in ambito scolastico e accademico.
Assumere l’ottica formativa si traduce nell’ aver chiara la consapevolezza che un docente è, che ne sia cosciente o meno, un formatore per il gruppo di soggetti con i quali si trova ad interagire, tanto vale che sia una buona opportunità formativa dal punto della relazione educativa, della costituzione del gruppo e del clima che lo caratterizza e naturalmente della trasmissione dei saperi.
Un formatore ha presente che la sua missione non può e non deve che portare a risultati positivi, a volte il personale della scuola dimentica che l’impatto sui bambini, sui ragazzi e sui giovani non può esimersi da questo compito, che viene molto ben descritto sui POF degli Istituti, ma a volte poco calato nelle realtà di classe; appare quindi urgente tenere a mente che l’esposizione a insegnamenti poco efficaci scarsamente motivanti hanno comunque carattere formativo, ma connotato negativamente, e lasciano tracce profonde e difficili da modificare.
Tornando ora ai bisogni educativi speciali ritengo che, come da documento sui BES- Emilia Romagna agosto 2013, sia utile una riflessione sui termini, l’espressione che nel documento viene utilizzata “diritti educativi essenziali” pare più rispettosa e meno stigmatizzante.
I BES, continuerò a chiamarli così per un accesso più semplice, non sono da certificare e chiedono al personale della scuola di farsi carico di formare gli utenti facendo leva sulle potenzialità esistenti in ognuno, evidenziando “ciò che c’è e non quello che manca”.
La richiesta dei documenti normativi (C.M. fine 2012 e 2013) è di affiancare ai POF degli Istituti il PAI, piano annuale dell’inclusività, con lo spostamento del punto di vista dell’Istituto che fa spazio a tutti e a ciascuno –come dalla premessa delle Indicazioni Nazionali 2012- e si attrezza modificando, adattando e cercando nuove modalità per le esigenze della formazione scolastica e dell’istruzione degli allievi e dei docenti che con loro interagiscono.


It has being a long time since I deal with school, and I have dedicated a considerable part of it to those that nowadays are defined as “special educational needs”.
Some aspects deserve a reflection both from a normative point of view and a more merely didactic and especially formative one.
I have often thought about the fundamental and necessary role of formation, but even more often I have tried to communicate to the groups I worked and cooperated with, the relevance of the formative view.
If each educator or professor, any scholastic order he/she belongs to, from primary school – rather from nursery school – to university, would try to assume the formative view, maybe he/she would begin to vary his/her learning – teaching approach that has contributed to increase several debates in scholastic and academic scope.
To assume the formative view is meant to concern a professor who has to be clearly aware, whether he/she is conscious or not, to be a former for the group of individuals he/she interacts with, moreover it could be a formative opportunity to be exploit from a point of view concerning educative relationship, group constitution and the mood of it and obviously the transmission of knowledge.
A former has clear in mind that his/her mission cannot and must not bring but positive results, sometimes school staff forgets that the impacts on children, boys and girls and young people they deal with, cannot exempt themselves from this task, that is clearly described in schools POFs, even if sometimes it is not related to class reality; therefore it is urgent keeping in mind that the exposition to ineffective and poorly motivating teachings are anyway formative, even if negatively, and leave deep and hard-to-modify imprint.
Returning back to special educative needs, I believe that, as it is stated in SEN documents – Emilia Romagna, August 2013 – a reflection upon the terms could be useful, the expression used in the document “essential educative rights” seems to be more respectful and less stigmatizing.
The SEN, I will keep on calling them so for an easier access, are not to be certificated and ask school staff to take charge to form users, exploiting potentialities that exist in everyone, highlighting “what is present and not what misses”.
The request of normative documents (end of 2012 and 2013) is to juxtapose to schools POFs, the IYP, the inclusiveness yearly plan, with the displacement of the institute point of view that create space for everyone and each one – as from the premise of 2012 National Indications – and it tools up modifying, adapting and looking for new modalities for the needs of scholastic formation and of students and professors learning that interact with them.


(traduzione a cura di Marco Curtolo)

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