Sono Angela
Maiello, una studentessa di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione;
Mi piacerebbe condividere con voi lettori, i risultati di una ricerca sull’iniziativa sportiva UNIFIED SPORT, e formulare alcune considerazioni alla luce dei principi che stiamo maturando nel corso di Counseling psicologico per l’inclusione, le disabilità e il disagio sociale della prof.ssa Laura Nota.
Mi piacerebbe condividere con voi lettori, i risultati di una ricerca sull’iniziativa sportiva UNIFIED SPORT, e formulare alcune considerazioni alla luce dei principi che stiamo maturando nel corso di Counseling psicologico per l’inclusione, le disabilità e il disagio sociale della prof.ssa Laura Nota.
Esiste un punto di partenza dal
quale non si può prescindere se vogliamo che un progetto, un contesto o
un’attività vengano definiti inclusivi: ciascuno
deve trarne beneficio perché solo se possono esserci TUTTI c’è inclusione. Queste premesse rappresentano per “noi consulenti dell’inclusione in
formazione” la chiave con la quale interpretare, valutare, semmai intervenire
in risposta alla domanda : “quanta inclusione c’è? ”. Una ricerca condotta da R. McConkey, S.Dowling, D.Hassan e S.Menke, si è chiesta: quali sono gli elementi dell’Unified
Sport che contribuiscono
all’inclusione? I genitori dei bambini
con disabilità intellettiva, i loro partner sportivi, i coach della squadra e i
membri della comunità locale sono stati interpellati, in continuità con quel principio di assessment
dell’inclusione che coinvolge il contesto intorno al soggetto per trarre
informazioni sulla sua partecipazione. I risultati della ricerca ci dicono che la presente
iniziativa sportiva fornisce indubbiamente un importante contributo al valore
dell’inclusione, nella misura in cui coinvolge insieme persone con e senza
menomazione e favorisce le occasioni di incontro, conoscenza e amicizia tra i
ragazzi. Tutti i soggetti coinvolti nella ricerca di R. McConkey e coll. erano concordi nel sostenere che l’Unified
Sport favorisce l’inclusione perché
contribuisce alla costruzione di una percezione positiva degli
atleti (ragazzi con menomazione), e favorisce l’ alleanza tra famiglia, scuola,
comunità e club sportivo. Occorre chiedersi:
Ma per quanti questo è vero? Non per
tutti. Come o in che misura un’ iniziativa
come l’Unified Sport può considerarsi pienamente
inclusiva se la competizione prende il sopravvento e se l’accesso alla
partecipazione richiede una selezione? E
quali cambiamenti è possibile attuare per renderla completamente inclusiva? La risposta all’ultima domanda potrebbe richiedere di stravolgere le regole del gioco: e se la vittoria di una squadra dipendesse dalla sua capacità di includere tutti?
Sarebbe interessante poter confrontare ciascuna squadra, ciascun team, premiando non chi accumula più punteggi ma la creatività messa in gioco da tutti e lo sforzo di ciascuno.
Sarebbe interessante poter confrontare ciascuna squadra, ciascun team, premiando non chi accumula più punteggi ma la creatività messa in gioco da tutti e lo sforzo di ciascuno.
I’m Angela Maiello, a student in Developmental and
Educational Psychology;
I’d like to share with you the results of a study on UNIFIED SPORT, a sport initiative, and to
offer some considerations following the principles we have come to during a univesity course given by Prof. laura Nota, on Psychologic
Inclusion, Disability and Social Discomfort Counseling.
If we want a project, a context or an activity to
be identified as inclusive, we have to consider an unavoidable starting point: everybody must benefit of it, because only if everybody can benefit there is inclusion. These are for us, “consultants
of the inclusion“ under education, the
rpre-requisites, the key to interpret, assess and even step-in to answer the
question: “How much inclusion is there?”
Let’s start by saying that Unified Sport is
different from the famous Paraolympics because people with or without
impairment perform together. A partner with similar sport
abilities is matched with the Athlete (boy or girl with disabilities), building
teams that compete at a local, national
or international level.
Creating these couples unavoidably demands a former
selection: it’s not sure that EVERYBODY can take paert to it.
McConkey, Dowling, Hassan and Menke in a research
study asked themselves: what are the elements that contribute to the inclusion
in the Unified Sport? Parents of children with intellectual disability, their
sport partners, team coaches and members of the local community were interviewed, respecting the principle of
inclusion assessment that concerns the context near the subject, in order to take information about his participation.
The
results of the research suggest that current
sport initiative undoubtedly supplies an
important contribution to the value of the inclusion, as it puts together
people with or without disabilities and favours occasions for meeting and develop friendship between children. Every subject
included in the research by R. McConkey & Co. agreed in asserting that Unified
Sport favours inclusion because it contributes to building a positive perception of the athletes (boys or
girls with disabilities), and it is useful in developing friendship
between families, schools,
communities and sport clubs.
We
should ask ourselves: Is it true for everybody? No, it isn’t.
How can
an initiative like Unified Sport be considered fully inclusive if the
competition takes the first place and the admission to this competition demands
a selection? And what changes are needed in order to make it fully inclusive? Answering to the last question requires
a substantial change in
games rules: what if the victory of a team depended on its ability to
include everybody?
It
could be interesting to compare each team, rewarding the creativity and the
effort of each member and not the ones who score highest.
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