La legge 194 “
interruzione volontaria della gravidanza”
costituisce un elemento fondamentale di di quella che possiamo definire
una vera e propria stagione di riforme della sanità in Italia, insieme alla legge
sulla chiusura dei manicomi e alla nascita del Servizio sanitario nazionale.
Fino
a quel momento, l’interruzione volontaria della gravidanza costituiva un reato,
parzialmente depenalizzato a seguito
della sentenza della Corte
Costituzionale 27/1975 che dichiarò illegittima la parte dell’art. 546 del codice
penale, laddove puniva chi pratica e subisce aborto anche quando è accertata la
pericolosità dello stato gravidico per il benessere fisico e l’equilibrio
psichico della donna.
Il tema
era invero già entrato prepotentemente nel dibattito costituente sul diritto
alla salute e la libertà di cura. La formulazione del
secondo comma dell’art. 32 della Costituzione fu oggetto infatti di particolare
contrasto e discussione, sia in sede di Commissione che plenaria, rispetto
all’utilizzo di espressioni adatte a garantire il rispetto della persona umana
evitando invece locuzioni che facessero un riferimento, giudicato troppo
generico, al rispetto della dignità. Si trattava infatti di una disposizione
concepita essenzialmente in funzione dei gravi problemi giuridici e morali che
potevano implicare questioni come le sperimentazioni su cavie umane, la
sterilizzazione profilattica per le malattie ereditarie e l’aborto terapeutico,
possibili pratiche potenzialmente lesive dei diritti fondamentali individuali a
fronte di un superiore “bene sociale”. Fu il cattolico Aldo Moro, sostenitore
del dialogo fra le posizioni a difesa dell’autodeterminazione e quelle a
sostegno dell’indisponibilità del bene vita, ad introdurre l’attuale
formulazione della norma, che circoscrisse e definì le possibilità dell’uso
della coercizione in campo sanitario.
Con la legge 194 venne
sancito un cambiamento culturale importante sul tema della sessualità e
dell’autodeterminazione in merito alle scelte procreative delle donne, inteso a superare il pericoloso fenomeno della clandestinità delle pratiche interruttive
della gravidanza, purtroppo tuttora persistono questioni problematiche come l’alto
numero dei medici obiettori di coscienza e la necessità di implementare l'attività di
prevenzione e sostegno verso le donne migranti per contrastare situazioni
ancora esistenti di aborto clandestino.
Il prossimo 25 maggio 2018 si terrà in Irlanda un Referendum che potrebbe aprire alla legalizzazione volontaria di gravidanza, volto all’abrogazione dell’Ottavo emendamento della Costituzione che, introdotto e confermato dal 63% degli elettori con un referendum nel 1983, equipara il diritto alla vita del nascituro a quello della madre. Anche in Irlanda è stato forte lo stimolo giurisprudenziale con la recente sentenza della Corte Suprema che ha dichiarato che i nascituri non godono di diritti ulteriori rispetto ad un generico diritto alla vita.


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