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Le gabbie da eliminare - Cages to eliminate

Venerdì 14 novembre navigando nel sito di "The post internazionale" sono stata colpita dal titolo di un articolo, che conteneva le parole "bambini", "disabili" e "gabbia". Non capendo come queste potessero essere inserite nello stesso contesto, ho deciso di leggerlo. Più procedevo col mio intento, più aumentavano l'incredulità, lo sgomento, l'indignazione.

Ci troviamo a Lechaina, in Grecia. Sessanta bambini e ragazzi vivono all'interno di una struttura pubblica che, per mantenere la sicurezza (non si sa bene di chi), li tiene chiusi in gabbie alte fino al soffitto .Telecamere a circuito chiuso sorvegliano costantemente i bambini, dato che medici fissi non ce ne sono e gli infermieri sono troppo pochi. Nessuno ha effetti personali, tutti possiedono un letto e una gabbia; se sono fortunati, quest'ultima ha le sbarre colorate.
Dettaglio fondamentale: siamo nel 2014 e questa è la descrizione di una situazione attuale.
Cinque anni fa, politici, responsabili dell'Unione Europea, l'Organizzazione dei diritti umani e quella dei diritti per i disabili sono state messe a conoscenza di tutto ciò, ma buona parte delle segnalazioni è stata ignorata; coloro che hanno deciso di intervenire hanno finanziato i lavori di costruzione delle gabbie e la loro tinteggiatura (infatti precedentemente i bambini venivano legati al letto e lasciati in quelle condizioni tutto il giorno).

Esprimere a parole ciò che penso in merito è molto difficile. Il primo paragone che mi viene da fare è quello dei manicomi: persone "diverse" che in quanto tali vengo isolate e rinchiuse. Evidentemente in Grecia vige ancora una visione tradizionale di malattia, quindi non mi stupisco se i concetti di partecipazione e inclusione non vengono neanche lontanamente presi in considerazione. Questi bambini devono innanzitutto essere considerati persone; non importa se ripetono continuamente gli stessi gesti, se fanno oscillare il loro corpo avanti e indietro, se sono agitati o violenti, se mangiano tutto ciò che trovano.
Sono persone. E come tali andrebbero trattate.
Elisa Nosella, studentessa un Psicologia Clinico-Dinamica presso l'Università degli studi di Padova.





On Friday 14th November I was surfing in the website of “The post Internazionale” and I was captured by the title of an article, which included  the words “children”, “disabled” and “cage”. Finding it difficult to  understand how these words could be found in the same context, I decided to read it. And  I was even more shocked!
The location is Lechaina, Greece. Sixty kids live in a public structure where,  in order to guarantee security (it’s not specified who should be kept safe!),  they are locked in cages whose bars touched the ceiling. Closed circuit Televisions monitor children constantly as there aren’t permanent doctors and the number of  nurses is limited. Nobody has personal items, they only have one bed and a cage. If they are lucky enough, the latter has colored bars.
Crucial detail: the article is written in  2014  and this a description of a current situation. Five years ago, politicians, members of the European Union, the International Right Organization and the organization for  the rights of disabled people were informed about this situation, but the majority of the warnings have been ignored. Those who  decided to intervene, actually financed the construction of those cages and their painting  (before that,  children were fastened to their bed and left there all day long).
Finding words to  say what I think about it,  is very hard. The first comparison which comes to my mind it’s the one of the madhouses were individuals considered “different” were isolated and locked. It seems that in Greece, an old and  traditional vision of diseases is still alive, and  it doesn’t surprise me that  concepts such as participation and inclusion are  not taken under  consideration,  not yet  even remotely.
First of all, these children are to be considered as persons. It doesn’t matter  whether  they keep repeating the same actions or  keep swinging their bodies;  if they are agitated or violent or  if they eat everything they find. They are persons, and as such they should be considered.
Elisa Nosella, student in Psicologia Clinico-Dinamica at the Università degli Studi di Padova.

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